di Giuseppe Longo
Era la sera dell’Epifania di cinque anni fa. E, mentre nel cielo sopra Coia si levavano i bagliori del “Pignarûl Grant”, a Udine si spegneva monsignor Francesco Frezza, che per Tarcento rimarrà un pastore indimenticabile. Nimis, infatti, l’aveva nel cuore, perché vi era nato, e lì c’erano i suoi affetti familiari. Ma è nella comunità in riva al Torre che aveva trascorso larga parte della propria vita – 36 anni come arciprete e prima altri dieci come parroco di Segnacco – e qui aveva voluto tornare al termine del suo lungo cammino terreno, nonostante fosse a Udine già dal 2002 quando dovette arrendersi all’avanzare dell’età e ritirarsi in un impegno meno gravoso.
A Tarcento, infatti, aveva desiderato riposare per l’eternità ed era stata proprio la bella Chiesa arcipretale di San Pietro Apostolo, che con grande tenacia e determinazione volle salvare dopo i terremoti del 1976, ad aprirgli le porte per l’ultimo saluto. Così, pochi giorni dopo la dipartita, “pre Chechin” tornava nella “sua” Tarcento, terra che ha tanto amato e per la quale ha gioito ma anche sofferto. E qui riposa nella chiesetta che sorge in mezzo al cimitero, accanto a quel Camillo Di Gaspero, cui è dedicata la scuola media che rappresenta una delle opere post-sisma più luminose del parroco scomparso alla Fraternità sacerdotale udinese a 95 anni, e a Duilo Corgnali che ne aveva raccolta l’eredità spirituale, e materiale, quando appunto si era ritirato nella Chiesa di San Giacomo. Un incarico ricevuto dall’allora arcivescovo Pietro Brollo e accettato con vero entusiasmo, tanto che l’opera in città dell’anziano sacerdote era molto apprezzata e seguita.
Un apostolato, quello di monsignor Frezza, alimentato da una fede viva, ardente, da uno slancio instancabile sostenuto da forza e saggezza non comuni, come aveva sottolineato l’arcivescovo Andrea Bruno Mazzocato, che aveva celebrato i solenni funerali in un Duomo gremito. Il presule – ritiratosi la scorsa primavera per raggiunti limiti di età lasciando il posto a monsignor Riccardo Lamba – aveva accanto l’allora pievano Duilio Corgnali, che diciotto anni prima aveva ne raccolto la feconda eredità. Erano presenti numerosi sacerdoti e tra questi l’arciprete di Nimis, Rizieri De Tina. E a rappresentare il Comune d’origine c’era anche l’allora sindaco Gloria Bressani con i nipoti del sacerdote. Mentre il primo cittadino di Tarcento, Mauro Steccati, aveva espresso il cordoglio e la riconoscenza della comunità, che non aveva dimenticato la guida illuminata di “pre Chechin”.
Francesco Frezza era nato nel 1924, era il giorno di Santo Stefano, in una storica famiglia di Nimis ed era cresciuto nella fede alla “scuola” di quel monsignor Beniamino Alessio che nel 1912 era arrivato da Buja, il paese di origine dell’attuale arciprete Luca Calligaro, che stamane celebrerà la Messa solenne dell’Epifania. Il suo lungo e zelante impegno sacerdotale era stato premiato con la investitura a canonico onorario della Cattedrale di Udine, titolo che si era aggiunto alla dignità prelatizia ricevuta con la nomina a pievano di Tarcento. La cittadina che aveva voluto riabbracciare alla fine della sua vita, tornandovi a riposare anche se ormai assente da molti anni. Aveva, infatti, voluto tornare nella terra che aveva amato e che l’aveva visto illuminato pastore per quasi mezzo secolo. Dopotutto, la sua Nimis era comunque a due passi.
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In copertina, monsignor Francesco Frezza nelle vesti di canonico onorario della Cattedrale di Udine.
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