di Giuseppe Longo
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Macché passo indietro o di lato! Non se ne parla nemmeno. Silvio Berlusconi si è  ripreso tutta la scena e in pratica ha ribadito, come se ce ne fosse stato bisogno, che il leader del Centrodestra è lui e soltanto lui. Lo ha dimostrato chiaramente con lo show di giovedì pomeriggio dinanzi alla famosa porta del Quirinale quando ha concesso a Matteo Salvini di leggere per conto della coalizione la nota concordata e meditata parola per parola, ma enumerando con le dita i punti del programma citati dal leader leghista come fa il maestro con l’alunno quasi per aiutarlo a ricordarli. E poi, botta finale, fatti uscire Salvini e Giorgia Meloni, e presi i microfoni con le mani, assestare una micidiale legnata – anche quella sicuramente studiata – ai grillini, senza nominarli, come a dire che questo matrimonio – tra Lega e M5S – non s’ha da fare, rispolverando la famosa ammonizione di manzoniana memoria. E lo ha ribadito anche ieri: nel 1994 sono sceso in campo per combattere i comunisti, oggi sono tornato (pur a mezzo servizio per la nota incandidabilità) per sbarrare il passo ai pentastellati che li vede come fumo negli occhi. È chiaro che l’uomo di Arcore punta a un governo del Centrodestra cercando i voti in Parlamento, tramite quel mercato delle vacche cui facevo cenno già all’indomani delle elezioni. Senza trascurare, nel contempo, la possibilità di una riedizione del Patto del Nazareno con Matteo Renzi che si muove dietro le quinte, in attesa dell’assemblea nazionale del Pd, la quale dovrebbe confermare Maurizio Martina alla guida dei dem gravemente penalizzati dal voto.
Quindi una difformità totale di vedute tra il Cavaliere e Salvini, emersa anche nella differenziazione sulla crisi siriana e quindi sul ruolo dell’Italia nella delicata vicenda internazionale.
E allora come andrà a finire questa estenuante partita per la formazione del nuovo governo?
Sono passati esattamente quaranta giorni dalle elezioni politiche del 4 marzo e non c’è ancora uno straccio di accordo, tanto che ha dovuto prenderne atto anche il capo dello Stato nel secondo giro di consultazioni praticamente andato a vuoto, ma non, appunto, senza dire come la pensano Forza Italia e soprattutto Berlusconi sull’intesa in itinere fra Salvini e Luigi Di Maio.
Ora è facile prevedere che Sergio Mattarella non concederà una terza consultazione – offrendo nuovi, esilaranti spunti all’ottimo Crozza -, ma tentando di stringere i tempi affiderà probabilmente un incarico esplorativo istituzionale (Fico, Casellati?), sebbene c’è già chi ipotizza un “governo del Presidente” per poter uscire dall’impasse. E il tutto, pare di capire, farà dilatare ulteriormente i tempi di attesa, tanto che le alchimie per l’esecutivo chiamato a raccogliere il testimone di Paolo Gentiloni si  incroceranno inevitabilmente con le ormai imminenti elezioni regionali: prima con quelle molisane di domenica prossima e poi con quelle nostrane del 29 aprile.
Un test, quello del Friuli Venezia Giulia, molto atteso non solo per il numero di elettori e per l’importante ruolo della Regione al centro dell’Europa soprattutto grazie al rilancio di Trieste e del suo porto pieno di traffici, ma in modo particolare dal punto di vista politico d’incasso immediato.
In altre parole, Salvini ha bisogno di confermare e possibilmente rafforzare la sua presenza già preminente nel Centrodestra. E con la candidatura di Massimiliano Fedriga per il dopo-Serracchiani questo obiettivo dovrebbe essere a portata di mano.
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contributo originale di  Giuseppe Longo
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Il leader della Lega a Vinitaly: “Nessun incontro e non l’ho sentito”. Il capo politico del M5s: “Nostra proposta anche al Pd, serve senso pratico”

foto tratta da :  http://notizie.tiscali.it/politica/articoli/salvini-di-maio-botta-risposta/

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