di Giuseppe Longo
NIMIS – Un’assenza avvertita da molti, quest’anno, alla commemorazione del 29 settembre 1944, la incancellabile data in cui Nimis, per rappresaglia, fu data alle fiamme e che segnò la deportazione di tanti suoi figli, molti dei quali non fecero ritorno dai Lager. Bruno Fabretti riuscì invece a rivedere i propri cari e da allora decise di trasformare la sua vita in un continuo, ininterrotto messaggio di testimonianza per raccontare a tutti, soprattutto ai più giovani, l’orrore di quella drammatica esperienza.
Il discorso e la cerimonia al monumento.
Ma alla cerimonia di venerdì mattina, prima nel Duomo di Santo Stefano e poi nell’attiguo Parco delle Rimembranze dinanzi al monumento ai Caduti di tutte le guerre e a quello dedicato alle vittime dei campi di concentramento, mancava proprio lui, che si è spento alla soglia dei cent’anni a metà luglio. Tuttavia, il commendator Fabretti era idealmente presente con due dei suoi figli, Anna e Giuseppe, ma anche attraverso le grate parole che ha dedicato al suo ricordo il sindaco Giorgio Bertolla e grazie al pensiero che ha avuto per l’amico di Nimis la comunità di Lannach con il suo borgomastro Josef Niggas. Dalla cittadina stiriana – gemellata nel nome di Rodolfo Zilli, artista di Nimis lassù emigrato fin da ragazzino – è giunto infatti, graditissimo, un cero con l’immagine proprio di Bruno Fabretti che è stato deposto dinanzi al cippo dei morti nei Lager che l’ex internato più conosciuto del Friuli volle realizzare nell’ormai lontano 1989, quarantacinque anni dopo le tragedie della seconda guerra mondiale scatenate dalla furia nazifascista per soffocare la fervente attività partigiana.
Messa, corteo e campana di Centa.
Come sempre, la giornata rievocativa è cominciata con la Messa di suffragio nella Chiesa comparrocchiale. «Non esiste una guerra giusta», ha ammonito monsignor Rizieri De Tina prendendo spunto dalla famosa pagina del Vangelo di Matteo in cui si parla di “occhio per occhio…” e facendo riferimento a quanto continua ad accadere nel mondo, a cominciare dalla nostra Europa. E poi ricollegandosi ai confini evocati da un pannello realizzato dai bambini, e posto dinanzi all’altare, l’arciprete ha messo in guardia contro le divisioni che creano sentimenti di rancore e di odio, fino a portare a conseguenze molto pericolose, spesso tragiche.
I figli di Fabretti e bambini al cippo.
Al termine, la cerimonia civile dinanzi ai monumenti, nella quale si sono aggiunte anche le scolaresche proprio perché nei più giovani, come ha lungamente insegnato Bruno Fabretti, deve germogliare il sentimento di amicizia, concordia e pace. Dinanzi a rappresentanze delle forze dell’ordine, dei Comuni vicini e delle associazioni combattentistiche e d’arma – tra gli altri, c’era il presidente di Apo Friuli, Roberto Volpetti -, il sindaco Bertolla ha tenuto il discorso commemorativo, partendo da una breve rievocazione storica di quel 29 settembre e dei giorni che lo precedettero. «Come avevo detto a Torlano il 25 agosto – ha affermato il primo cittadino – ricordare vuol dire riportare nel cuore, quindi interiorizzare un concetto che ci permette di vivere pienamente ciò che rappresenta, diventando noi stessi esempio di pace con il nostro operato. È quindi compito nostro, e non di altri, agire in prima persona per mantenere la nostra esistenza in una situazione di concordia e di pace». Quello che aveva sempre perorato proprio il commendator Fabretti. «A lui dobbiamo riconoscere – ha infatti sottolineato Bertolla – che per molti anni ci ha ricordato e testimoniato questi tremendi fatti accaduti al nostro paese e ai nostri concittadini. Con la sua instancabile testimonianza, Bruno ha fino all’ultimo cercato di sensibilizzare le nostre coscienze affinché ci impegnassimo a non smettere di adoperarci per mantenere la pace».
Quindi il vicesindaco Sergio Bonfini ha letto i nomi delle vittime dei campi di concentramento, tutti scritti su una lapide accanto al cippo che le ricorda, e a ognuno di essi è stato dedicato un rintocco dell’unica campana della Chiesa di Centa risparmiata dal terremoto del 1976. Un ricordo intenso e sentito, anche se la partecipazione popolare è purtroppo sempre più esigua, che assumerà ancora maggior valore nel 2024 quando ricorrerà l’80° anniversario di quei tristissimi fatti. E ricordarli adeguatamente è proprio il lascito che ci ha affidato Bruno Fabretti.
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In copertina, il cero inviato da Lannach con l’immagine dell’ex internato Bruno Fabretti.
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