di Giuseppe Longo

Avrebbe tagliato il traguardo del secolo fra due mesi, esattamente il 15 settembre, ma non ce l’ha fatta. Il forte e generoso cuore di Bruno Fabretti, sopravvissuto ai traumi dei campi di concentramento – raccontati poi a migliaia di studenti! – e che l’ha sorretto in una vita così lunga e operosa, ha detto basta e ieri sera si è fermato, per sempre. Purtroppo, i festeggiamenti che ci sarebbero stati per i mitici cent’anni non ci saranno più. Nimis, il suo amato paese, ha appreso la triste notizia con vero dispiacere e lunedì, alle 17.30, gli darà l’estremo saluto, mentre domani, alle 20, si raccoglierà nel Duomo di Santo Stefano per la recita del Rosario in suo suffragio. Largo il cordoglio in tutto il Friuli.


Il commendator Fabretti è arrivato fino all’ultimo in ottime, invidiabili condizioni di salute, sempre lucidissimo, circondato dalle premure della sua Licia e dei figli Bruna, Carmen, Annamaria e Giuseppe – oltre che dall’affetto di una folta schiera di nipoti e pronipoti -, restando sempre attivo e attento alla vita del paese, tanto che, poche settimane fa, proprio la moglie mi aveva raccontato che avrebbe desiderato realizzare una nuova mostra con le sue innumerevoli fotografie nell’ambito della prossima sagra di settembre, sul prato della Madonna delle Pianelle (come non ricordare quelle, bellissime, allestite per anni). Oltre ad aver fatto, tra l’altro, la guardia giurata ed aver lavorato all’Ospedale militare di Udine, Bruno era infatti un fotografo di grande esperienza, una vera e propria “arte” la sua nel ritrarre paesaggi e avvenimenti scoperta fin da giovane, al ritorno dalla durissima esperienza nei Lager tedeschi. E in tutta la vita ha collezionato migliaia di immagini che oggi costituiscono una preziosa memoria storica del suo paese e del Friuli: molte ne aveva pubblicate nel voluminoso “Nimis un calvario nei secoli” che dette alle stampe una quarantina d’anni fa, quale supplemento a “Lis Campanelis – La voce del Friuli”, il periodico che Bruno Fabretti, giornalista pubblicista, aveva ideato, realizzato, scritto e diretto a lungo, facendosi apprezzare ovunque, in Italia e all’estero, soprattutto fra quanti erano lontani da Nimis e dalla “Piccola Patria”. Poi, una decina di anni fa o poco più, ne aveva curato una ristampa, in formato ridotto, ma con una selezione di argomenti e immagini che comunque era stata molto gradita. Perché entrambi i libri sono una vera e propria “miniera” di documentazione fotografica, alla quale anche io ho attinto tantissime volte per raccontare la Nimis di un tempo e che, purtroppo, non c’è più, complici anche i terremoti del 1976.
Ma oltre a tutto questo lodevole impegno professionale, il commendator Fabretti ha avuto anche un’attiva vita pubblica, contraddistinta dal tratto cordiale, gentile, sempre disponibile, pronto alla battuta. Del suo apporto hanno beneficiato il Comune – si impegnò molto anche per il gemellaggio con la stiriana Lannach nel ricordo del concittadino Rodolfo Zilli lassù emigrato -. le Pro Loco e i Comitati festeggiamenti (indimenticabili i Festival della canzone al Teatro Juventus), ma anche altre associazioni paesane. Fra queste, emerge la sezione ex internati che ha creato e sempre presieduto, raccogliendo tutti i compaesani, uomini e donne, che avevano avuto la fortuna di ritornare dai campi di concentramento ai quali erano stati avviati mentre Nimis veniva data alle fiamme alla fine del settembre 1944. E aveva voluto, proprio quando anch’io siedevo nella civica amministrazione, fine anni Ottanta, realizzare un cippo a ricordo delle vittime dei Lager accanto al monumento ai Caduti nel Parco delle rimembranze, di fronte al Duomo. E ogni anno non mancava alla cerimonia commemorativa del 29 settembre, quando teneva sempre un discorso rievocativo, mentre un rintocco dell’unica campana rimasta dalla Chiesa di Centa era dedicato a ognuno di coloro che purtroppo non hanno fatto ritorno alle loro case. Naturalmente era presente anche l’anno scorso e di sicuro ci sarebbe stato, novello centenario, anche quest’anno. Il destino, però, ha voluto diversamente.
Ma il commendator Bruno Fabretti non era noto soltanto a Nimis e nella zona pedemontana. Come già accennato, da molti anni, infatti, aveva dato vita a una intensa frequentazione nelle scuole di tutta la regione per raccontare ai ragazzi – ne ha incontrati, appunto, a migliaia! – le tragedie della guerra e la propria durissima esperienza nei campi tedeschi (principali quelli di Dachau, Neuengamme, Buchenwald), e non solo, nei quali aveva organizzato numerose visite anche con gli stessi studenti. Voleva, infatti, trasmettere ai giovani, ai futuri cittadini, i valori della pace, della libertà, della democrazia, ribaditi anche in un libro dedicato proprio alle atrocità dei Lager. Valori che, purtroppo, continuano a essere calpestati. Grazie Bruno per il tuo esempio. Mandi!

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In copertina, il commendator Bruno Fabretti, 99 anni, davanti al monumento dedicato alle vittime dei Lager e all’interno con la moglie Licia Croppo alla cerimonia del 29 settembre dell’anno scorso.

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