la lezione di Moro

di Giuseppe Longo 
 
Prove d’intesa fra Salvini e Di Maio. È così, mentre a livello nostrano è andato in scena un pericoloso stallo nel Centrodestra per l’indicazione del candidato governatore del Friuli Venezia Giulia – sembrava che per la Lega, grazie ai clamorosi risultati alle politiche, ci fosse una strada ormai spianata -, a Roma si è registrato un primo importante passo per tentare di sbloccare la situazione post-elettorale, soprattutto in vista degli imminenti impegni legati alla elezione dei vertici istituzionali.
È la svolta che avevamo auspicato all’indomani del voto commentando a caldo i risultati. È cioè che due forze, coalizione di Centrodestra e Cinque stelle, con una strabiliante affermazione elettorale che assegna loro quasi il 70 per cento dei consensi, pur tuttavia entrambe non vittoriose (cioè non in grado di esprimere una maggioranza parlamentare), debbono necessariamente tentare di parlarsi rinunciando all’arroccamento che abbiamo visto dopo le consultazioni.
A Matteo Salvini va dato atto di aver avviato il disgelo fra i due schieramenti premiati dal voto, pur finalizzato, almeno per ora, alla ricerca di un’intesa per la elezione dei presidenti di Camera e Senato, fissata fra otto giorni, il 23 marzo. Si era parlato anche di un incontro a metà della prossima settimana, poi smentito, per lasciare spazio invece ad un altro contatto telefonico. Va detto subito che il M5S rivendica per sé lo scranno più alto di Montecitorio, mentre per quello di Palazzo Madama si sarebbe prenotato il Carroccio, suscitando subito qualche mal di pancia soprattutto in Forza Italia. Diciamo solo per inciso che nella tanto vituperata prima Repubblica era consuetudine, non scritta, di riservare almeno una delle due Camere alla minoranza (vi ricordate la comunista Nilde Jotti?). In questo caso il Pd che ha deciso di rimanere all’opposizione pur dicendosi pronto al confronto per le cariche istituzionali: appartengono a tutti, ha detto il segretario reggente Martina.
Le indicazioni che usciranno da questi contatti ci faranno sapere se esistono anche le condizioni per dare vita a una maggioranza di governo, presto però per dire se di scopo (per rifare la legge elettorale dopo la pessima prova del Rosatellum, in vista di una chiamata alle urne anticipata che però i neoeletti cercheranno di evitare come la peste) o di programma. Ma dal Centrodestra,  con Berlusconi e Meloni, sono subito emerse voci di fermo dissenso: con M5S nessun accordo al di là di quello contingente per le imminenti elezioni nei due rami del Parlamento. L’obiettivo è infatti quello di costruire una maggioranza intorno proprio al Centrodestra (con premier incaricato Salvini) che, come coalizione, ha il maggior numero di seggi. Ma bisogna vedere con chi, visto anche il ripetuto pronunciamento contrario dei dem.
E poi i Pentastellati accetterebbero di rimanere esclusi dalle stanze del potere, essendo il loro il partito-movimento che ha ottenuto più voti di tutti?  Credo proprio di no, per cui  buona l’apertura per le Camere fra Salvini e Di Maio, ma la partita da giocare per il governo resta lunga e complicata, mentre le consultazioni del capo dello Stato sono alle porte. C’è, cioè, il rischio concreto che nell’uovo d Pasqua non si trovi alcuna bella sorpresa, come invece sarebbe auspicio degli italiani che stavolta si sono recati in massa alle urne – invertendo l’andazzo degli ultimi anni – per dire chiaramente da chi vogliono essere governati.
Proprio oggi ricorrono i 40 anni dal rapimento, da parte delle Brigate rosse, di Aldo Moro e dell’uccisione dei cinque uomini della scorta. E il presidente dell’allora Democrazia cristiana, vilmente assassinato dopo cinquantacinque giorni di prigionia, si era speso con totale convinzione per realizzare una maggioranza di solidarietà nazionale chiamando a collaborare forze politiche molto diverse per storia, contenuti e obiettivi, come la stessa Dc di Benigno Zaccagnini e il Pci di Enrico Berlinguer, per dare vita a quello che è rimasto noto come “compromesso storico “.
Oggi invece, pur in una situazione politica e storica completamente diversa, non siamo in presenza di forze sostanzialmente molto distanti. Infatti, sebbene in campagna elettorale abbiano esposto obiettivi differenti (basti pensare soltanto al tanto discusso reddito di cittadinanza), entrambe erano all’opposizione e da quei banchi hanno contestato duramente l’esecutivo del Partito democratico che poi anche gli elettori hanno evidentemente penalizzato. È con il Pd Salvini ha assicurato che non tratterà mai, mentre Di Maio ha detto, con una certa vena di ottimismo, che in Italia non ci vorranno sei mesi come in Germania per fare il governo. Sta forse già riflettendo sulla lezione di Moro? Staremo a vedere.
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< N.d.R.  ringraziamento a Giuseppe Longo >
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Giuseppe Longo  ([Falcetto d’oro]: premio nato e ideato nel 1996 per volontà della Coldiretti),
Bepi per gli amici, è stato responsabile delle pagine di agricoltura ed enogastronomia del quotidiano Messaggero Veneto, dove ha lavorato dal 1980. Negli anni ’90, in qualità di sindaco del suo comune di origine, Nimis, fu promotore di una tenace iniziativa per la difesa e la valorizzazione del Ramandolo, il vino locale più prestigioso, avviando un percorso che lo ha portato nel 2000 al riconoscimento della prima Docg della regione FVG.

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