È un Friuli Venezia Giulia con ombre e luci quello si è svelato ai ricercatori di MutaMenti 2022, coordinati da Daniele Marini, professore di Sociologia dei processi economici dell’Università di Padova, caratterizzato da un costante rallentamento delle performance, seppur tendenzialmente positive. La struttura demografica è in sofferenza e, dicono i ricercatori, per mantenere costante il numero di lavoratori del Nord Est, il saldo migratorio, ogni anno, dovrà essere positivo per almeno 50 mila unità. Una questione collegata è quella del mercato del lavoro che è in crescita, ma segnala anche un assottigliamento del bacino delle forze lavoro locali e una contrazione dei flussi migratori che ha lasciato scoperte intere filiere produttive: agricoltura, costruzioni, turismo. Le esportazioni sono cresciute del 17,1 per cento rispetto al 2019 e l’aumento del Pil regionale, nel 2023, dovrebbe attestarsi sul +1,6 per cento. Nei settori produttivi inizia a farsi sentire il peso delle multinazionali sulle economie locali che, per il Friuli Venezia Giulia, creano il 12,7 per cento del valore aggiunto (-1,1 per cento) e il 15,4 per cento dei fatturati, con il tema della “bassa capacità attrattiva degli investimenti” sempre all’ordine del giorno.


Sono alcuni dei numeri e degli indicatori contenuti nel rapporto: “Friuli Venezia Giulia e Veneto, la sindrome del piano inclinato”, presentato a Codroipo, nella sala della Cantina di Rauscedo, durante un’affollata assemblea, da Confcooperative Fvg, in collaborazione con Bcc Pordenonese e Monsile e Fondosviluppo Fvg.
«Il piano inclinato rappresenta la nuova normalità dello sviluppo della società e dell’economia caratterizzata dall’instabilità, dove l’eccezionalità diventa normalità – ha spiegato Marini -. Una situazione che genera disorientamento, ma può offrire nuove opportunità. Consapevolezza, qualità ed ecosistemi territoriali sono i criteri da assumere per lo sviluppo futuro».
«Questa ricerca che Bcc Pordenonese e Monsile promuove per il secondo anno consecutivo sarà uno strumento di analisi utile e anticipatore di strategie future – ha affermato il presidente della Bcc, Antonio Zamberlan -. Abbiamo valutato interessante l’opportunità di conoscere a fondo le due regioni nelle quali la Banca opera, per focalizzarci sulle prospettive dello sviluppo e del cambiamento. In questo scenario, quindi, un’attenta e profonda analisi socio-economica può aiutarci nelle scelte che saremo chiamati a fare in ottica di assistenza alle famiglie, alle imprese e più in generale al tessuto economico e sociale del Nord Est: un territorio ricco di idee, di professionalità, ma anche di criticità prospettiche su cui intervenire».


«Nessuno si salva da solo, hanno ribadito i ricercatori e, dunque, anche se la cooperazione non è esente dalla situazione d’instabilità che si prolunga nel tempo, l’agire cooperativo può far parte della soluzione in una visione del necessario lavoro in rete», ha aggiunto Daniele Castagnaviz, presidente di Confcooperative Fvg.
«Dire che nei momenti di cambiamento esistono difficoltà, ma pure molte opportunità, non è una banalità – ha sottolineato nelle sue conclusioni, Maurizio Gardini, presidente nazionale di Confcooperative -. Per quanto riguarda le nostre imprese, penso alle cooperative energetiche, alle cooperative di comunità che possono rappresentare un contributo allo spopolamento della collina e della montagna, a quelle che si occupano del welfare (in affiancamento al pubblico) e all’agroalimentare di qualità».
Alla presentazione della ricerca (pubblicata da Marsilio), sono anche intervenuti: Chiara Gargiulo (Università di Padova), Monica Cominato (Università di Vicenza), Maurizio Rasera (di Veneto Lavoro) e Gianluca Toschi (Università di Padova). Alla tavola rotonda coordinata dalla giornalista Elena Del Giudice, hanno partecipato anche Alessia Rosolen (assessore regionale al Lavoro), Walter Lorenzon (Associazione regionale delle Bcc) e Cristiana Compagno (Università di Udine).
«L’emergenza demografica e il fenomeno migratorio sono stati spesso gestiti e circoscritti alle campagne elettorali e per anni si è assistito ad un’inerzia politica. Si tratta di temi che devono essere affrontati con il coinvolgimento di tutti i portatori di interesse: una sfida che richiede iniziative trasversali da mettere in campo su tutti i settori e con la collaborazione di tutti gli attori del territorio che vada oltre le prossime annualità», ha detto Alessia Rosolen. «L’emergenza demografica incide su molti aspetti della nostra vita – ha aggiunto -: dal punto di vista previdenziale, scolastico, occupazionale e dei servizi alla persona. Accanto a questo tema vi è quello migratorio dove è mancata una politica capace di controllare e gestire arrivi e permanenza collegandoli alla collaborazione e alla crescita del territorio come avviene in Germania, ad esempio. È necessario puntare su chi arriva nel nostro Paese per vivere, lavorare e formarsi».
«Si tratta di una sfida – ha osservato ancora l’esponente della Giunta Fedriga – che l’Amministrazione regionale considera centrale per il nostro territorio. I cosiddetti Paesi giovani, in espansione, che presentano livelli di preparazione e formazione alti sono quelli dell’Est Europa: dobbiamo osservarli con attenzione non solo per l’esigenza di manodopera di cui abbiamo bisogno ma per rendere sempre più attrattivo un sistema regionale che deve essere in grado di mantenere sul territorio i giovani».
Rosolen ha poi evidenziato rispetto ai molti dati presentati, come il Friuli Venezia Giulia sia una delle poche regioni in cui è migliorato il gap tra occupazione femminile e maschile, frutto anche delle importanti risorse immesse dalla Regione nel sistema e incrementate rispetto al 2018 per favorire famiglia, istruzione, occupazione. «In questi anni abbiamo voluto dare un’impostazione – ha concluso l’assessore – costruendo una rete integrata rispetto ai servizi legati al lavoro, ai percorsi di formazione, al sistema dell’istruzione, alla famiglia, incentrata sulla consapevolezza che senza l’uno l’altro non c’è. Un patto rilevante per crescita e sviluppo riguarda quello con il tessuto economico e produttivo: l’alleanza con le aziende non deve venire meno anche sul fronte formativo». Da un lato Rosolen ha quindi ricordato il superamento di una metodologia praticata nel passato con cui venivano attivati percorsi di formazione all’interno di politiche attive sul lavoro senza un monitoraggio a monte delle reali possibilità di impiegare chi usciva da quei percorsi formativi, dall’altro la necessità delle aziende di investire sul capitale umano, «un patto importante su cui basare l’alleanza tra la politica e i portatori di interesse per un coordinamento costante fra politiche e territorio».

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In copertina e all’interno ecco alcune immagini del convegno tenutosi a Codroipo.

 

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