di Leonardo Tognon

Il primo giorno di maggio, mese mariano per antonomasia, la comunità gradese, in particolare il microcosmo dei pescatori con in testa la locale cooperativa, si recherà in processione via mare alla volta del Santuario della Madonna di Barbana, nel cuore della laguna. Ad un secolo di distanza la cerimonia vivrà momenti di grande intensità. Il ritrovo è fissato alle 8.30 nel cuore del Porto Mandracchio e, dopo la preghiera iniziale, risalendo il canale che porta all’isola Santuario di Barbana, verranno benedetti i pescherecci ormeggiati lungo le banchine; raggiunta la Chiesa mariana, alle ore 10, verrà celebrata dall’arcivescovo di Gorizia Carlo Redaelli, la Messa accompagnata dalla corale “Santa Cecilia”. «Sarà anche l’occasione per aprire il Giubileo nel Santuario dell’isola. Infatti, dal 1° maggio e fino al 15 settembre, Barbana sarà luogo giubilare», annuncia monsignor Paolo Nutarelli, arciprete di Grado.
Era la notte del 3 giugno 1925 quando alcune barche di pescatori gradesi furono sorprese da una violenta tempesta: immediata, per gli uomini degli equipaggi, la richiesta di salvezza alla Madonna di Barbana. Che, evidentemente, li esaudì tanto che ritornarono tutti salvi a casa. Dopo quell’evento, annualmente, i pescatori si recano a Barbana per sciogliere il voto di ringraziamento e, dagli anni 50, è stato scelto il 1° maggio come data simbolica per questa ricorrenza. Di fatto, per non essere concomitante con il Perdòn di Barbana della prima domenica di luglio. Accanto all’altare in memoria, e grazie ad un gesto di delicatezza dei monaci benedettini che sovrintendono al Santuario, sarà collocato il quadro donato proprio nel 1925 dai pescatori e realizzato dal pittore secessionista Joseph Maria Auchentaller, portato a Barbana il 26 luglio dello stesso anno. Su di esso la scritta che ricorda come “la flottiglia gradese forte di 56 barche sorpresa e travolta da furioso ciclone fu dall’invocata B.V. di Barbana protetta ed incolume restituita al suo porto”. A memoria del secolo dall’evento miracoloso, la Cooperativa Pescatori di Grado donerà un nuovo quadro immagine che con grande devozione rinnova il Ringraziamento.


Ormai, tutte le 315 persone che facevano parte della flotta di 56 barche da pesca di Grado, salvate da quel fortunale tremendo, accaduto appunto un secolo fa, sono passate all’altro mondo e anche tanti figli non sono più vivi. Rimangono qualche nipote o cugini di secondo grado, ma la burrasca di quella notte l’hanno provata sulla propria pelle non solo quelli che erano in pericolo in balia del mare in tempesta, ma anche le famiglie tutte in ansiosa apprensione nell’attendere il loro ritorno in porto. Ecco cosa avevano riportato le cronache nel racconto di un anziano pescatore protagonista di quella vicenda: “A dir il vero il 3 giugno del 1925 era una bella giornata, la mattina eravamo tutti in porto con le barche che riparavamo le reti. Aggiungo che due giorni prima avevamo preso un’altra tempesta, ma cosa vuoi, a quei tempi capitavano molto spesso. Allora in quel mercoledì mattina abbiamo preparato le reti e siamo partiti di sera per la pesca delle sardine, che in giugno raggiungono la massima quantità. All’inizio c’era un po’ di venticello di ostro, ma avevamo detto: ecco, farà un po’ di maltempo come due giorni fa, non di più! Abbiamo calato lo stesso 6 melaide con il sughero procurando di farle rimanere al di sopra del fondale, anche se a nord c’erano diverse nuvole che si avvicinavano minacciose; ma con la speranza che calmando il vento anche quei nuvoloni sarebbero svaniti, ci siamo fatti coraggio. Ma le nuvole, invece, si sono fatte sempre più grosse, lampi uno dopo l’altro, cominciano i tuoni e sempre peggio”.
“Il padrone della barca, tale Stefano “Peloto”, ci ha fatto subito tirar su le reti. Incredibile: migliaia di sardine incastrate nelle maglie delle reti che abbiamo subito tirato a bordo e sistemato questo pesce sottocoperta, circa una ventina di cassette. Ma le barche erano sospinte dalle onde a causa del vento impetuoso che infuriava. Per tutta l’isola di Grado c’era un’oscurità che non permetteva di vedere nulla e le imbarcazioni si intravvedevano unicamente per l’effetto dei lampi. Mio padre (…) mi raccontava che in quell’occasione dovette legare mio fratello con la corda sull’albero della barca e sistemarlo sotto la prua dicendo così: “Figlio, stai qui sotto legato, che se andiamo a fondo, almeno il tuo corpo lo trovano”. Che la Madonna benedetta di Barbana ci salvi! tutti gridavano in quella barca. Si era davanti al più brutto vedere del mondo, da tanto vento volava via anche l’acqua del porto, una furia indescrivibile, le grondaie attorcigliate, dove la tromba d’aria passava era da rabbrividire, e tutto attorno c’era un’oscurità che attraverso i balconi le donne urlavano: ‘Oh Maria Santissima aiutateci’ e non volevano che noi bambini andassimo per le strade, da tanto pericolo”.
“All’indomani si vedevano le casse con le sardine che galleggiavano in porto e sulla diga sbattevano le giare di legno dell’acqua per le alte onde impetuose. Nel guardare tutto ciò, più di uno pensava alla fine del mondo. Quasi 60 barche composte da 5 marinai più il ragazzo piccolo – avevano 8 anni che già erano impiegati per lucidare gli ottoni della prua e per prendere l’acqua – e così in tutto si arrivava a 315 uomini, e tutti là fuori in golfo, la maggior parte a “Pangrando”, e si trovavano a dieci passi di acqua di scandaglio, e tutti invocavano la Madonna di Barbana. A bordo dicevano: ‘Per l’amor di Dio, siamo persi; Maria Vergine salva almeno i più piccoli, aiutali!’. E i marinai erano indaffarati unicamente a buttar via l’acqua che entrava continuamente in barca. Tutta la notte fino alla mattina le più anziane stavano sulla diga a consumare i grani del Rosario assieme al parroco don Sebastiano Tognon e si sentiva un gran pianto”.
“Le barche erano state portate in varie parti, chi è riuscito a restar fuori dalle maglie delle reti le sardine e chi aveva ancora le reti in acqua, ma andando sempre alla deriva a 6-7 miglia da terra. II mare era davvero in mezzo a venti incrociati e bisognava buttar l’ancora e seguire il moto dell’onda. Non era facile dalla prua far scorrere l’ancora lentamente perché improvvise impennate potevano rovesciarti. E in quella notte tutti hanno terribilmente patito. Pirano era troppo fuori, con la tempesta da poppa che saliva e così dopo ore di affanni e tormenti verso le undici di notte siamo approdati a Umago e ci siamo riposati. Solo all’indomani con un po’ di borino è arrivata una grande bonaccia che i raggi del sole splendevano come quelli della Madonna e così abbiamo alzato la vela e verso 1e dieci eravamo arrivati a Grado. Dalla diga si vedevano arrivare i primi pescatori sani e salvi e le campane del Duomo hanno incominciato a suonare a festa. La diga era piena di gente e tutti stavano a scorgere con attenzione i simboli dipinti sulle vele, casomai potessero riconoscere dallo stemma le proprie famiglie e così dicevano: Oh! ecco arrivare i Gropi, anche i Spaguni son salvi, i Bisateli, la famiglia dei Morospari. .., e così avanti. Le donne in lacrime correvano con queste lunghe sottane e i ragazzi per mano sul molo pronti a riconoscere chi arrivava”.
E in quell’occasione i pescatori così si sono espressi: “Se non c’era l’intercessione della Madonna di Barbana eravamo tutti annegati e perciò dobbiamo fare un voto perché ci ha salvati, e dobbiamo rinnovarlo fin che siamo vivi per ritornare a ringraziare ogni anno il Signore e accostarsi ai Sacramenti. Tutti i padroni di barca l’hanno passata davvero brutta, qualcuno arrivò a portare nella fabbrica conserviera del pesce mezzo pescato, sedici cassette con trecento sardine ciascuna (perché a quei tempi le sardine dovevano essere contate una per una); e anche se la maggior parte delle barche avevano perso il viaggio più abbondante, la pescata più grande, tutti erano tornati sani e salvi e perfino con le reti intere”.
Per ringraziare il Signore della grazia ricevuta, i pescatori di mare si sono accordati di fare un voto alla Madonna di Barbana e così hanno messo tanti soldi per barca per poter svolgere solennemente una processione votiva e comprare qualche ex voto. Così in un primo momento avevano preso un quadro con il velluto all’interno e un cuore in argento, ma siccome sembrava una cosa di minimo valore, hanno commissionato al famoso pittore Joseph Maria Auchentaller un quadro che è venuto davvero benissimo. E in quell’anno (domenica 26 luglio) è stata fatta proprio una maestosa festa alla Madonna di Barbana: 1200 pescatori con le famiglie a confessarsi, a partecipare alla Messa cantata con il Te Deum e così negli anni seguenti, perché i pescatori avevano visto che quando si vuole, rimanendo uniti, si può fare molto e sempre meglio.
E si rinnovava il voto con 30-40 barche, anche quelle che trasportavano la sabbia portavano la gente a Barbana. Verso la fine degli anni Cinquanta il nuovo arciprete (monsignor Silvano Fain) constatando che la partecipazione si riduceva sempre più e che erano sorti dei contrasti fra i pescatori, dispose di spostare la data. Questo anche per lasciare più tempo di preparazione alla Madonna di Barbana di luglio, perché altrimenti alle due feste sarebbero state vicinissime.

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In copertina, soci della Cooperativa pescatori a Barbana con il famoso quadro di Joseph Maria Auchentaller; all’interno, una insolita immagine del Santuario.

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