di Giuseppe Longo

NIMIS – Mentre don Rizieri De Tina ieri pomeriggio, nel Duomo di Santo Stefano, incensava la salma con quel «profumo che sale fino a Dio», il feretro di Edoardo Sodano – morto a 77 anni dopo una vita di gravi difficoltà fisiche -, con sullo sfondo il maestoso altare di Heinrich Meyring, mi ha fatto riandare con la memoria a una sessantina di anni fa, quando quella magnifica opera d’arte fatta arrivare da Venezia con i barconi fino a Porto Nogaro e poi con buoi e cavalli fino a Nimis, anziché essere nella nuova Comparrocchiale (dove è stata trasferita nel 1968), faceva meravigliosa mostra di sé nella vecchia Chiesa di Centa, pure dedicata al Protomartire.

Edoardo Sodano


Ai piedi di quel prezioso monumento in marmo di Carrara – fatto di grandi statue che ci raccontano la Pietà verso il Cristo morto, la Fede e la Carità, gli Apostoli Pietro e Paolo – negli anni delle elementari eravamo un vero nugolo di chierichetti (nelle festività anche una trentina!) che all’invocazione “Introibo ad altare Dei” – dei pievani Beniamino Alessio, prima, ed Eugenio Lovo, poi – rispondevamo in coro “Ad Deum qui laetificat juventutem meam”, come recitava il rituale della indimenticabile Messa in latino. E assieme a noi bambini c’era, un po’ più grande, perché aveva sette anni più di me, proprio Edoardo. Disabile dalla nascita, aveva difficoltà nel parlare, nel camminare ma soprattutto nell’usare le mani, tuttavia era sempre presente e si dava da fare per aiutare “el muini” – il sacrestano -, preparando tutto quello di cui aveva bisogno il celebrante. Ma poi questa sua disponibilità è continuata anche in Duomo e con l’arrivo dei parroci del dopo-terremoto, come Luigi Murador e il suo attuale successore, fino a quando le forze l’hanno sostenuto e la disabilità non si è ulteriormente aggravata, tanto da obbligarlo su una sedia a rotelle, spinta fin quando è mancata da mamma Norina.
«Quando arrivavo a San Mauro – ha ricordato, in modo toccante, monsignor De Tina, nella sua bellissima predica in friulano – trovavo tutto pronto, tutto preparato da Edoardo. Perfino il Messale, non solo impostato sulla celebrazione del giorno, ma anche con le pagine già individuate». Perché, ha ricordato l’arciprete, Edoardo aveva le sue disabilità, ma era molto intelligente e sapeva sopportare tutto con grande forza e coraggio: «Era un campione di pazienza, bontà e generosità. E oggi è sicuramente fra le braccia di Dio, per cui noi ora siamo qui a fare festa con lui». Da molti anni ormai, non lo vedevo più, ma fino a quando l’ho potuto incontrare per strada con la sua carrozzina mi salutava con larghi sorrisi, evidentemente ricordando anche lui anni lontani. E quei suoi sorrisi erano ricambiati, perché tutti gli volevamo bene. Mandi Edoardo!

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In copertina, l’altare del Meyring nella vecchia Chiesa di Centa in una storica foto di Bruno Fabretti: l’addio a Edoardo Sodano ha accesso i ricordi degli anni Sessanta.

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