Spopolamento sanitario in avanzamento anche in Friuli Venezia Giulia, con sempre più piccoli centri che non possono più contare sul medico di famiglia. Urgono iniziative per far si che i medici di medicina generale siano incentivati a garantire la loro presenza nei piccoli paesi soprattutto delle zone considerate disagiate o disagiatissime e nel contempo fornire ai medici strumenti di diagnostica di primo livello e la possibilità di utilizzare la telemedicina, come chiede dottor Fernando Agrusti, segretario regionale Fimmg Fvg (Federazione italiana medici di medicina generale – maggiore sindacato del settore che in regione conta più di 300 iscritti).
Della problematica si sta discutendo al Congresso Nazionale Fimmg in corso di svolgimento in Sardegna a Villasimius: con l’occasione è stato chiesto di creare un fondo per incentivare i medici di medicina generale a lavorare nelle aree del Paese definite disagiate o disagiatissime e sbloccare i fondi già destinati a portare negli studi dei medici la tecnologia diagnostica e la telemedicina.
“L’intervento di Agnese Carletti sindaco di San Casciano dei Bagni in provincia di Siena – spiega Agrusti che si trova anch’egli al Congresso -, che lamenta la fine dell’assistenza sanitaria al momento in cui l’ultimo medico presente andrà in pensione, mi ha fatto pensare a una lettera, pubblicata recentemente sui quotidiani locali del Friuli Venezia Giulia, di un cittadino di Ravascletto che lamentava le stesse criticità, a partire dalla difficoltà per gli anziani di recarsi in altri paesi per essere visitati in assenza del medico di medicina generale a Ravascletto. Per risolvere il problema, come Fimmg Fvg proponiamo che all’interno degli accordi regionali siano previsti incentivi per quei colleghi che vogliano garantire l’apertura di un ambulatorio, magari anche solo per uno o due giorni alla settimana possibilmente presso strutture messe a disposizione dai Comuni”.
L’altro punto è quello della diagnostica di primo livello e della telemedicina. “Vorremmo essere dotati – aggiunge Agrusti – di strumenti quali a esempio elettrocardiografi, spirometri, ecografi per evitare di spostare dal proprio paese i pazienti fragili o semplicemente anziani. Con la telemedicina si potrebbe poi monitorare nel tempo i pazienti che necessitano di particolare attenzione per poter intervenire tempestivamente in caso di necessità”.
A Villasimius, alla tavola rotonda “Italia: 7901 Comuni, 196 abitanti/km². Accesso alle cure, appropriatezza, efficacia e territorio”, hanno partecipato anche Marco Bussone (presidente Nazionale Uncem), Eleonora Gerbotto (Fondazione per l’Architettura) e Gilberto Gentili (direttore generale Ast Fermo). “Quando tra pochi anni andrà in pensione l’ultimo medico di San Casciano, qui potrebbe mancare del tutto l’assistenza di un medico di famiglia – spiega Agnese Carletti, sindaco di un piccolo paese che conta circa 1500 abitanti –. Non possiamo affidare i nostri anziani ai medici di altri Comuni che distano decine di chilometri, così come la casa della Salute. Possiamo offrire a un nuovo medico spazi e altri benefit, ma non è corretto che questo tipo di oneri, solo nei piccoli comuni, ricadano sulle amministrazioni”. “L’Italia non ha mai fatto una seria programmazione per creare rete e offrire soluzioni per i piccoli Comuni e le Comunità montane – sottolinea Bussone di Uncem, l’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani, che rappresenta più di un terzo dei Comuni italiani che occupano più del 50% del territorio –. E’ giunto il momento di fare squadra per garantire che il medico di medicina generale, punto di riferimento di ogni cittadino e garante dell’universalità del nostro Servizio Sanitario Nazionale, non scompaia dalle aree più disperse dell’Italia. Dove manca il medico di medicina generale, manca lo Stato”.
Le aree a più ampia dispersione di popolazione sono moltissime in un Paese rurale e montano come l’Italia, e sono le prime a subire la grave carenza di medici la cui drammaticità si aggraverà ulteriormente nei prossimi anni.
“Il Governo e le Regioni devono intervenire per la costituzione di fondi ad hoc per le aree disagiate e disagiatissime – aggiungono i medici Curatola e Dabbene, dell’Esecutivo Fimmg – con risorse a tale scopo finalizzate e vincolate, che chiediamo vengano previste già dalla prossima legge di bilancio. Non è più tempo di esitare, a maggior ragione in un momento storico in cui il Governo da un lato parla di prossimità come fondamento del rilancio della medicina territoriale, dall’altro non ha ad oggi programmato alcun intervento per fermare lo spopolamento sanitario di gran parte del territorio stesso”. “Se un medico di medicina generale si sentisse supportato dalla telemedicina e dalla disponibilità di strumenti di diagnosi, sarebbe ulteriormente incentivato a lavorare in aree più periferiche – concludono –, ma i 235 milioni di euro a questo destinati giacciono ancora, dopo 4 anni dalla legge che li ha stanziati, nelle casse delle Regioni, del tutto inutilizzati”.
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In copertina, il dottor Fernando Agrusti segretario regionale Fimmg Fvg.
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