«Serve una cassa integrazione per le imprese»: è quanto chiedono al Governo gli artigiani del Friuli Venezia Giulia. Pur apprezzando, infatti, i ristori messi in campo dall’Esecutivo nazionale e dalla Regione Fvg a favore delle aziende, il presidente di Confartigianato Udine e Friuli Venezia Giulia, Graziano Tilatti, rilancia proponendo l’istituzione di un reddito d’emergenza per le partite Iva. Appunta, una sorta di cassa integrazione a sostegno delle ditte, «più ampia ed efficace dei provvedimenti di ristoro, pur apprezzabili, che consenta alle attività di mantenersi in vita anche durante i periodi in cui il fatturato viene compromesso, come nel caso dell’emergenza pandemia, a fronte di costi che invece continuano a pesare sul conto economico», spiega Tilatti che ieri mattina ha approfondito il tema, cruciale per la sopravvivenza di decine di migliaia di imprese in regione, con la presidente della commissione Lavoro alla Camera, Debora Serracchiani.
Un artigiano carnico al lavoro.
Alla deputata, il presidente ha illustrato le proposte di emendamento presentate da Confartigianato nazionale al Ddl di conversione del “decreto Ristori” attualmente all’esame del Senato. «Le proposte di modifica – continua il leader degli artigiani – vanno nella direzione di estendere i contributi a svariate categorie di imprese che operano in settori pesantemente danneggiati dall’emergenza da Covid-19 e dagli effetti dei connessi provvedimenti, quali la filiera degli eventi e matrimoni, le sartorie artigianali, le pulitintolavanderie, le produzioni fotografiche, video e cinematografiche, le attività di design specializzate e più in generale tutte le attività colpite indirettamente.
Oltre a impegnarsi per supportare le istanze dell’associazione, Serracchiani ha voluto approfondire la situazione degli ammortizzatori sociali e in particolare dell’Fsba (il fondo di sostegno al reddito gestito nel comparto artigiano su base bilaterale) sia per quanto riguarda le risorse stanziate che per la tempestività della loro erogazione. Anche in questo caso, la democratica si è impegnata a sostenere le richieste del sistema Confartigianato e ha chiesto di essere aggiornata periodicamente sullo stato di fatto.
Durante l’incontro sono state passate in rassegna le opportunità offerte, anche al territorio friulano, da un efficace e corretto utilizzo delle risorse del “Recovery Fund”, in particolare sottolineando come le stesse potranno essere utilizzare per interventi di riqualificazione energetica e ambientale del patrimonio immobiliare, anche produttivo, dato che almeno il 37% delle risorse in parola dovranno riguardare il “Green New Deal” e la progettazione delle future infrastrutture materiali e immateriali nel territorio friulano.
Le imprese potenzialmente interessate
dai contributi a fondo perduto del Decreto Ristori Bis in Fvg
Su 88.604 imprese attive in Friuli Venezia Giulia, sono 10.178 (11,5%) quelle potenzialmente interessate dai contributi a fondo perduto del Decreto Legge 9 novembre 2020, n. 149 (c.d. Decreto Ristori Bis) pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’altro ieri. Ma 78.426 imprese (88,5%) rimangono escluse in quanto l’attività prevalente svolta non rientra tra quelle previste nell’allegato 1 del Decreto.
Rispetto al Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137 (c.d. Decreto Ristori), il numero di imprese che potranno accedere ai contributi cresce di 1.031 unità (+1,2%), di cui 681 imprese artigiane (+2,5%) e 350 imprese non artigiane (+0,6%).
I numeri e le percentuali di imprese interessate dal Decreto Ristori Bis, variano nelle province: sono 1.151 in provincia di Gorizia (13,4%), 1.988 a Pordenone (8,5%), 2.181 a Trieste (15,7%) e 4.858 nella provincia di Udine (11,4%). Il dato triestino è quasi doppio rispetto al Pordenonese per il maggior peso in provincia di Trieste di imprese del commercio, ristorazione e servizi e minor presenza di manifatturiero e costruzioni finora poco coinvolte da sospensione o riduzione degli orari di attività.
Su 27.613 imprese artigiane con sede in Friuli Venezia Giulia, il Decreto Ristori Bis riguarda potenzialmente 1.619 aziende (5,9%), mentre altre 25.994 imprese artigiane (94,1%) non hanno un codice Ateco tra quelli previsti.
Maggiori sono gli effetti dell’intervento governativo tra le 60.991 imprese non artigiane: 8.559 (14%) svolgono un’attività che dà diritto al contributo a fondo perduto, 52.432 (86%) sono per adesso escluse.
Le imprese artigiane, oltre alla minor percentuale di aziende interessate dal Decreto Ristori Bis (5,9% contro il 14% delle non artigiane), si vedono riconosciuta una quota percentuale media di ristoro più bassa: l’intensità è pari al 112,8% tra le imprese artigiane e al 172% tra le aziende non artigiane.
Questo testo è a cura del dottor Nicola Serio, responsabile dell’Ufficio Studi di Confartigianato-Imprese Udine. Notizie più approfondite sul significato dei dati possono essere richieste inviando un’e-mail all’indirizzo: nserio@uaf.it.
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In copertina, il presidente Tilatti con l’onorevole Debora Serracchiani.
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